Casualità, in ambito scientifico, è un termine con una connotazione leggermente negativa. Fare le cose “a caso”, nel gergo comune, vuol dire improvvisare, arrangiarsi, non seguire un piano o un senso logico. Pensate se un analista o uno scienziato vi dicesse che ha risolto un problema usando un approccio casuale: be’, non vi sentireste del tutto in una botte di ferro.
Nel mondo della statistica, però, le cose stanno diversamente. Mettiamo subito in chiaro le cose: la statistica può in un certo senso essere definita la scienza del caso, soprattutto la sua branca più famosa, quella del calcolo delle probabilità. In questo articolo però non parleremo di questo spinoso argomento (alzi la mano chi non ha avuto un sussulto nel leggere “calcolo delle probabilità”), bensì di un altro, leggermente più intrigante, ovvero il machine learning/apprendimento automatico, ovvero quella branca della statistica che si occupa di analizzare vasti insiemi di dati per fornire una previsione di un dato incerto, detto variabile dipendente, in base a una serie di predittori, dette anche variabili predittive.
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